Elisabetta Pierini
Elisabetta Pierini (1964) è nata a Pesaro e vive a Fermignano (PU). Diplomata al liceo classico Raffaello di Urbino, laureata in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche all’Università di Bologna, attualmente lavora all’Università di Urbino come assistente tecnico nel campo della Chimica Analitica.
Ha pubblicato La casa capovolta, (Hacca, 2021), romanzo vincitore ex-aequo della XXIX edizione del Premio Calvino e del Premio Fondazione Megamark.
Nel 2023 sempre con l’editore Hacca è uscito il suo romanzo Notte, finalista del Premio Calvino XXVII edizione. Notte è stato terzo classificato al Premio Zeno, ha avuto una menzione di merito al Premio Nabokov 2023 e primo classificato al Premio Samnium sia per la sezione narrativa edita che di tutte le sezioni
INTERVISTA ALL'AUTORE
Cosa ti ha spinto a scrivere questo romanzo?
Molti anni fa mi è stata raccontata una storia da una cara amica. Un fatto successo non a lei direttamente, ma a un suo conoscente molto giovane. Mi ha colpito non tanto la possibilità della presenza di pedofili là dove non dovrebbero stare (in una parrocchia), ma l’estrema difficoltà di affrontare il problema pedofilia da parte di tutti gli altri per l’aberrante idea che lo scandalo sia il male peggiore, quello da evitare ad ogni costo. Invece io sono convinta che coprire un pedofilo sia dal punto di vista religioso il peggior tradimento che si possa fare a Cristo, che ha definito se stesso verità oltre a un ovvio tradimento alla propria comunità. Ho perciò voluto affrontare la difficile e scottante tematica nel modo più indolore, con una storia di invenzione, perché solo una storia di invenzione ti dà la possibilità di seguire una vicenda fino in fondo senza pregiudizi di nessun tipo dato che niente di quello che si racconta è successo veramente, e permette dunque di guardare in faccia il male, smascherando e togliendo appeal alle sue vie di fuga.
Ci sono temi particolari che volevi esplorare attraverso la storia?
Il tema che mi stava a cuore era quello del male, soprattutto della pedofilia nella chiesa e del bullismo. Alla base di questi mali ci sono tipologie relazionali simili con una distorsione dei rapporti secondo logiche di potere. Anche lo studio CIASE fatto dalla chiesa francese sulla pedofilia evidenzia come questa non sia di fatto una filia, ovvero un amore distorto, ma una affermazione di sé in cui si mette l’altro ai propri piedi creando una sorta di discepolato.
Come hai scelto l'ambientazione del romanzo?
Ho scelto di ambientare Notte in un paese molto piccolo, dal nome di fantasia, il tipo di paese in cui sono vissuta, caratteristico della provincia di Pesaro-Urbino. In un posto del genere le persone si conoscono tutte e questo può suggerire un senso di sicurezza maggiore rispetto alla città, in quanto le persone sano cosa fanno tutti gli altri, e questo può creare una illusione di controllo. In un posto simile dovrebbe essere più difficile immaginare che il male riesca a annidarsi. Eppure il fatto di non volerlo affrontare a viso aperto, come fa solo uno dei personaggi del romanzo, Rosa Borghi, rende la situazione del paese ancora più perversa perché se tutti sanno o sospettano, nessuno può dirsi innocente.
Come hai scelto il titolo del romanzo?
Il titolo del romanzo Notte mi è venuto subito in mente per la situazione del paese, una Notte in cui non si riconosce cosa è vero e cosa è pettegolezzo, e soprattutto non si distingue il bene dal male. E’ anche un richiamo a una frase del Vangelo, quando Giuda si alza da tavola dopo aver deciso di tradire Gesù e esce per accordarsi con il sinedrio. L’evangelista dice: “Ed era notte”.
E’ la notte in cui finora ha versato parte della chiesa infilando la testa nella abbia per non dare scandalo. Invece gli scandali sono inevitabili, ma l’importante è non offrire possibilità che continuino nel silenzio.
Come è stato il processo di pubblicazione del romanzo?
Trovare un editore non è stato facile. Un grosso aiuto me lo ha dato il Premio Calvino che ha portato Notte in finale e che ha fatto vincere un altro mio romanzo L’interruttore dei sogni (La casa capovolta, Hacca edizioni).
Senza il Premio Calvino non avrei mai trovato un editore sia per incapacità mia, sia perché sono una rompiscatole, cioè le tematiche dei due romanzi, la pedofilia e la ingestibilità della malattia mentale nel post-Basaglia da parte delle famiglie (di fatto il manicomio cambia indirizzo) sono scomode.
ROMANZO FINALISTA PREMIO NABOKOV 2023
(Sinossi)
A Monterosso, duemila abitanti, un solo negozio di alimentari, tutti si conoscono. Tenere un segreto sembrerebbe impossibile. Invece è proprio qui che un gruppo di ragazzini di prima media insegue e tormenta un coetaneo incapace di difendersi. E’ qui che Matteo e sua sorella si arrangiano per mantenere
in piedi una famiglia disastrata dalla malattia mentale della madre e che don Paolo affascina i pochi abitanti, e soprattutto i pochissimi ragazzini presenti. Su don Paolo ci sono però voci malevole, accuse di pedofilia e di spaccio, messe in giro probabilmente dalla padrona dell’unico alimentari, sospettosa e becera.
La donna si è spinta fino al vescovado per fare pressioni perché il giovane prete venisse allontanato. Invece, don Paolo resta, ma sotto osservazione. Nel paese viene mandato un secondo sacerdote, don Filippo, anziano e poco amante dei pettegolezzi, per verificare la situazione, ma le sue indagini sembrano impantanarsi subito. In un posto dove tutti osservano e sospettano, il vero dilemma è se la verità verrà mai a galla, soprattutto nel momento in cui una scappatoia comoda per tutti viene servita dalle circostanze.
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