top of page
Immagine del redattoreSalvatore Amorello

Anna Guzzi - Finalista Premio Nabokov 2023


Foto Copertina

Anna Guzzi


Anna Guzzi insegna italiano, storia e geografia nella Scuola Secondaria di I Grado di Sellia Marina (CZ).


È dottore di ricerca in Scienze letterarie. Retorica e tecniche dell’interpretazione, titolo conseguito presso l’Università della Calabria dove ha tenuto alcuni laboratori su teorie della scrittura, retorica e metrica ecc. Si occupa di formazione docenti e ha collaborato con l’Istituto Indire come esperto di creatività linguistico-letteraria.


Fra le sue pubblicazioni: il libro La teoria nella letteratura: Jorge Luis Borges, ETS, 2008; Fantasie di una linea ne «La Notte» di Campana, in Ai margini della letteratura. Le scritture contaminate, «Sinestesie», IV (2006); Interlinee di critica e teoria: le rovine di Calvino, Borges e Peirce per «Ermeneutica letteraria», VIII, 2012; Lo sguardo letterario tra retorica, scienza, filosofia in «Critica letteraria», Anno XLII, Fasc. II, N. 163, 2014, ecc. Tra le raccolte poetiche: Riscriver bianconeve. La poesia degli scrittori, Leonida Edizioni, 2012; Ombre di neve tra le rocce dell’Ermon, Screenpress, 2013; Radici come parole, Aletti, 2023.


Fra i racconti/fiabe: Cosa c’è nella sequoia?, illustrata dall’autrice, Temperino Rosso, Bergamo, 2023; Il mulino delle Ande, in Je suis Chocolat, Edizioni2000diciassette, 2017; Il magico mondo dei Silarelli, in Scarpetta rosa, Apollo Edizioni Bisignano (CS), 2017; La favilla arrotolata: un sogno di Pinocchio e Mangiafuoco, in Scritture fantastiche, Libellula Edizioni, Tricase (LE), secondo Premio; Il cortometraggio di Milò, in Storie di immaginaria realtà, Giovane Holden, 2014, terzo premio; Come un fiordaliso blu, secondo Premio nel concorso di Poesia e Prosa Religiosa "S. Alfonso", VII Edizione - Anno 2017.



INTERVISTA ALL'AUTORE



Cosa ti ha ispirato a scrivere questa silloge di poesie?

Il desiderio di rielaborare in modo personale le letture che fanno parte del mio percorso formativo e che comprendono i classici greci e latini e vari autori italiani, come Gadda, Caproni, Giudici e, soprattutto, il calabrese Lorenzo Calogero di cui mi ha colpito la descrizione apocalittica della Calabria, con le fiumare che erodono il territorio, emblema di uno stato interiore.


C'è un tema o un’immagine ricorrente nella silloge?

Sì, l’immagine delle fiumare e anche quella delle pietre magenta, emblemi di resilienza. Ma, in generale, nei versi rivive tutta una Calabria aspra di canyon, scolpiti da acqua e vento, che metto in relazione con la metafora calogeriana del corpo aperto, ‘diradato’, come se qualcuno gli avesse strappato la pelle e si vedesse l’interiorità.


Quale poesia della raccolta è la tua preferita e perché?

In realtà, ogni poesia è un unicum, ma se dovessi scegliere quella più emblematica, sarebbe Yllu: musica delle piccole cose, dove yllu è un’onomatopea quechua, la lingua degli indios. Richiama il suono delle ali in volo e anche una certa luce lunare. C’è, quindi, un riferimento alla leggerezza con cui lo sguardo poetico entra nei dettagli, creando una complessità del pensiero non lineare, più somigliante a un pop-up.


Qual è stato il tuo processo creativo per questa raccolta?

Nella raccolta c’è un filo eco-poetico, chiamiamolo così, o naturalistico, richiamato anche dal titolo: le ‘radici’ sono quelle che sporgono fuori dalla terra soprattutto nei tornanti silani, un ricordo d’infanzia, che qui collego al bisogno di tornare a una parola davvero significativa. Quindi, dopo aver messo su carta le prime immagini, torno di continuo sul linguaggio per costruire una musicalità senza rime e schemi metrici.


Hai ricevuto feedback che ti ha colpito particolarmente?

Sì, certo, quello dello studioso Paolo Leoncini che, nella sua recensione su Incroci, ha parlato di una «parola intensa e sofferta, come ben poche nella poesia contemporanea», cogliendo nei miei versi due poli opposti: emersione impalpabile e precipizio, ricerca di Dio e condizione materica.



SILLOGE FINALISTA PREMIO NABOKOV 2023




Copertina Libro

Radici come parole

(Presentazione)


Questa raccolta è, in parte, un omaggio al poeta calabrese Lorenzo Calogero. È a lui che devo la mia Calabria, insieme reale e fantastica, spazio mutante in cui la creta si mescola ai boschi della Sila e al sale del mare. I versi reinterpretano la mia terra di fiumare in secca che tagliano il paesaggio, mostrando misteriose pietre color magenta. Ma esistono queste pietre? O sono frutto dell’immaginazione? Per me entrambe le cose. Di sicuro, esse disegnano un filo rosso, richiamando la dolorosa durezza della vita e, insieme, la sua resilienza. Il magenta concretizza la libertà che coglie sempre nuovi percorsi esplorativi e viaggi del pensiero. Le parole creano una trama liquida di connessioni. Per esempio, le pietre del mio Sud si proiettano sulle rocce delle Ande peruviane, quei sassi non-scolpiti che gli Indios consideravano magici e che, adesso, sono nascosti dalle architetture coloniali. I canyon, siano essi calabresi o andini, rappresentano metaforicamente le ferite del corpo e dell’anima che si aprono alla speranza quando costruiscono spiragli di senso: «Non tengono più i confini dell’acqua / e il corpo tagliato scopre l’anima, / scossa dai fischi di un canyon roccioso, / laggiù, tra i sassi d’una antica foce» (da Fiumane a un soffio del vento).

 

Post recenti

Mostra tutti

Comentários

Avaliado com 0 de 5 estrelas.
Ainda sem avaliações

Adicione uma avaliação
bottom of page